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Meschinità con accezione negativa (da meschino - dall"arabo meschmiskīnn - povero, misero)

La meschinità è l’atto, parola o pensiero di una persona misera, gretta, avara, squallida, limitata, fortemente infelice, ottusa, povera di spirito e capace degli atti più bassi. Alla sua base c’è senz’altro la mancanza d’amore per Dio (Mt 22:371) e per il prossimo (Mt 22:38; 1 Gv 4:7-82). A causa dell’indigenza, l’avarizia è un atto tipico del meschino e la Parola, nel biasimarla c’invita a detestarla, pena la perdita del Regno (1 Co 5:10-11; 6:9-10; Ef 5:53). L’ingiuria (Sl 102:8), la falsità, (Pr 6:124) e l’ingratitudine (Sl 38:205) sono compagne di vita del meschino. Essendo il giusto, spesso, il bersaglio di questi atti (Sl 55:2-36), sorge spontaneo il suo grido d’aiuto (Sl 40:14-15; 80:2-37). Il signore, però, ha un’ottima memoria (Eb 10:30-318), infatti … (Pr 17:139).

Meschinità, con accezione compassionevole (da meschino - dall"arabo meschmiskīnn - povero, misero)

La meschinità è lo stato di una persona in estrema indigenza, fortemente provata e turbata ma conscia del suo stato. L’esempio classico che la Parola ci offre è quello di Giobbe. Egli, dopo un primo tentativo d’inalberarsi verso Dio per la sua condizione in quanto si sentiva come da Lui braccato (Gb 10:12-171), riconosce appieno la sua insignificanza e la sua incapacità di ribadire al Suo rimprovero (Gb 40:4-52). Similmente, anche il giusto, nel colmo dell’afflizione alza il suo grido accorato: “… fino a quando …” (Sl 13:1-43), oppure, per non soccombere agli attacchi del malvagio, brama che si erga in sua difesa (Sl 10:8-104), di non nascondergli il Suo volto e di liberarlo (Sl 69:16-195). La speranza è la forza che lo sospinge (Sl 25:4-56)!

Mesi dell'anno (dal latino mense(m) - deriv. da misurare)

Erano basati sul ciclo lunare (Nu 10:101). Nisan* (Et 3:72) 1° mese di 30g = mar/apr. Zif* (1 R 6:13) 2° m. di 29g = apr/mag.Sivan* (Et 8:94) 3° m. di 30g = mag/giu. Tammuz* (2 R 25:35) 4° m. di 29g = giu/lug. Av* (Nu 33:386) 5° m. di 30g = lug/ago). Elul* (Ne 6:157) 6° m. di 29g = ago/set). Tishri* (1 R 8:28) 7° m. di 30g = set/ott. Bul* (1 R 6:389) 8° m. di 29 o 30g = ott/nov). Chisleu* (Za 7:110) 9° m. di 29 o 30g = nov/dic). Tebet* (Et 2:1611) 10° m. di 29g = dic/gen). Scebat* (Za 1:712) 11° m. di 30g = gen/feb). Adar* (Et 8:1213) 12° m. di 29 o 30g = feb/mar). Adar II* (13° m. di 29g) presente solo negli anni embolismici (di 13 mesi).

Messia (dall’ebraico mashiah – l’unto – in greco Christos – il Cristo)

È il potente Re e Salvatore che, stando alle promesse fatte al popolo di Dio nell’A.T. avrebbe soccorso e liberato Israele (Gr 23:5-61). I cristiani lo identificano in Cristo Gesù. È considerato l’unto della stirpe di Davide (Sl 2:2; 18:50; La 4:202). Da tempo, era profetizzato (Da 9:25-26; Nu 24:17-19; Mi 5:1-53) e ne era stata proclamata la piena divinità (Is 9:5-64). È altresì chiamato “Figlio di Davide” o Cristo (Gv 1:41; 4:25-265). Simeone, prescelto da Dio, sotto l’unzione dello Spirito Santo, Gli predisse una vita gloriosa ma drammatica (Lc 2:25-356). L’anziana profetessa Anna ne testimoniò l’arrivo (Lc 2:36-387) e i saggi giunti dall’oriente lo confermarono (Mt 2:2-168).

Mestizia (dal latino maestitia(m) – da mâestum part. pass. del verbo maerçre – essere afflitto)

La mestizia è lo stato d’animo di chi è in preda a un dolore profondo, malinconico e colmo d’amarezza. La Parola c’invita a bandirla (Ec 12:2; Mt 6:16; Lc 24:17; Ef 4:311) e a vigilare, pena la perdita della grazia (Eb 12:152). Certamente è uno sconsolato sentimento personale (Pr 14:103) del quale non c’è motivo alcuno di vanto (Gm 3:144). Giobbe (Gb 3:20; 7:11; 9:17-18; 10:15), i discepoli (Lc 22:45; Gv 16:66), Paolo (Ro 9:27) e lo stesso Gesù (Mt 26:378) ne sono stati ampiamente provati. Giacomo, invece, asserisce che per essere purificati è necessario avvicinarsi a Dio con spirito di contrizione e di confessione (Gm 4:99). Una sobria riflessione è senz’altro preferibile alla leggerezza (Ec 7:310), ecco perché, la correzione, anche se dolorosa, può essere motivo di gioia (Eb 12:1111). La Parola, infatti ci dice che la tristezza secondo Dio, contrariamente a quella del mondo, produce ravvedimento (2 Co 7:1012).

Meta (dal latino meta(m) – termine finale)

La meta è il termine, lo scopo o il fine che ci si propone di raggiungere. La Parola afferma che tutto è stato fatto o detto per uno scopo ben preciso (Pr 16:41). Può essere determinante per ricondurre al Signore chi se ne sia allontanato (Ez 14:4-52), per la conoscenza della salvezza (Fl 3:103) o dell’amore proveniente da una fede sincera (1 Ti 1:54). Per la veridicità della testimonianza (Ro 15:185) o per l’edificazione altrui (Ro 15:26). Per vegliare e intercedere (Ef 6:187) o per pervenire al premio agognato (Fl 3:148). Purtroppo, può essere utilizzata anche per nuocere sia all’anima (Ro 7:59), sia al corpo (Mc 14:10; At 9:2110). Nulla sfugge al Signore il quale ne può far uso anche per punire (Is 47:1511).

Metafisica (dal greco metà tà physikà)

Di origine aristotelica (filosofia prima), trovò in Andronico di Rodi (I secolo a.C.) il suo primo critico editore. Potremmo definire questo lemma in più modi: 1) La scienza che studia l’essere in quanto tale e le proprietà che l’accompagnano. 2) La ricerca del fondamento ultimo delle cose e il loro principio universale. 3) La scienza delle cause prime. In definitiva: la ricerca della verità. Essa verte su argomenti quali l’esistenza di Dio; l’immortalità dell’anima; l’essere in sé; l’origine e il senso del cosmo, la trascendenza e l’immanenza di Dio; etc. Tutte domande che hanno turbato il sonno dell’uomo fin dall’antichità e che tuttora creano partigiani sulle sponde opposte. Sorge però spontanea una domanda: “Ma dov’è questa agognata verità se non è ricercata con la luce della fede?”.

Metafisica (dal greco metà tà physika – dopo le cose fisiche)    vedi: Ontologia  
Metafora (dal greco metaphérein – trasportare, trasferire)

Il trasferimento della relazione fra un oggetto o persona e un altro allo scopo di spiegare meglio una caratteristica del primo, ad esempio: “la nave solca il mare. Dicendo: “l’uomo è una volpe”, rappresentiamo una metafora, diversamente, affermando che: “l’uomo è come una volpe”, raffiguriamo una similitudine. Una metafora, in effetti, è una similitudine ridotta a poche parole. ‘… il campo è il mondo … il buon seme sono i figli del Regno, le zizzanie sono i figli del maligno (Mt 13:37-381).

Metempsicosi (dal greco metempsychôsis da metempsychôusthai – passare da un corpo a un altro composto da meta – scopo o fine e psychê - anima)

Molte religioni e credenze filosofiche ammettono la metempsicosi. Questo pensiero riconosce la trasmigrazione dell’anima (eterna) a ogni morte del corpo, di cui è prigioniera, in un altro corpo (può avere anche una forma animale, vegetale o minerale) finché non ottiene la definitiva liberazione da ogni vincolo con la materia. Vedi anche orfico, mito*.




 
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