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ORIGENE

(Alessandria 185 ca. – Tiro 253 ca. d.C.)

Uno dei maggiori teologi cristiani di lingua greca sorti prima dell’avvento di Costantino fu senz’altro Origene.
Nato ad Alessandria nel 185 ca. acquisì e fortificò i suoi rudimenti di fede cristiana, dall’insegnamento del padre Leonida. Ancora diciassettenne, scosso e privo d’ogni sostentamento, ma ricolmo di fede e speranza in seguito al fulgido esempio del martirio del padre, nel 203 ca., si dedicò all’insegnamento come grammatico. Notato e voluto dal vescovo Demetrio, si applicò all’iniziazione dei catecumeni. Profuse il suo sapere nel Didaskaleion, trasformandolo in una vera e propria scuola superiore, riservandosi la formazione degli alunni emergenti, motivazione non certo propriamente condivisa dal suo collaboratore Eracla, cui erano affidati i semplici postulanti mediocri.

Sospinto da una forte pulsione ascetica e vivamente convinto e ammaliato da una, in parte scorretta, interpretazione del brano di Matteo 19/12, si automutilò trasformandosi in eunuco per non soggiacere alla malìa del sesso nelle vesti delle sue allieve. Ordinato sacerdote dal vescovo Teoctisto di Cesarea, fu fortemente avversato da Demetrio cui era invisa la sua popolarità e la sua stessa ordinazione. Amareggiato, si ritirò a Cesarea dando colà vita a una sua scuola teologica.
Una vita intensa di amicizie (il valentiniano Ambrogio neoconvertito, Gregorio il Taumaturgo, Panfilo e lo stesso Eusebio) e di viaggi (Roma , Atene, Antiochia, Arabia ove riacquistò all’ortodossia Berillo vescovo di Bosta), nonché i proficui rapporti con l’imperatore Filippo l’arabo e la sua famiglia, costellarono questo tratto della sua vita. Quasi a controbilanciare questo periodo di floridezza, giunse tremenda la persecuzione di Decio (249 – 251 d.C.). Incarcerato e crudelmente torturato, morì a Tiro nel 253, lasciando a Cesarea un patrimonio di scritti, biblioteca ricchissima, fonte precipua per lo stesso Eusebio, a cui abbondantemente attinse. Vastissima e penetrante fu la sua fatica (Preghiera ed esortazione al martirio, 200 omelie di edificazione su vari libri biblici, apparati di note al Cantico dei cantici, commentari ai passi più oscuri dei vangeli di Matteo e Giovanni, all’epistola ai Romani e l’immensa Bibbia esalare, ove, su sei colonne parallele, raffrontò l’ebraico dell’Antico Testamento con la versione dei Settanta e varie altre traduzioni greche). Profondo conoscitore dell’esegesi biblica, dedicò grandissima attenzione alla disamina critica dei testi sacri esaltandone le più piccole variazioni lessicali, esplorandone i più intimi e reconditi significati, attirandosi finanche dure critiche e condanne per taluni aspetti interpretativi spiritualmente spinti all’estremo dell’interpretazione allegorica, e che hanno, purtroppo per tal motivo, causato una vasta perdita, lasciandoci perlopiù, non i testi originali ma traduzioni in latino. D'altronde, in ciò non distava dalla norma dei grandi filologi alessandrini del tempo, e, conscio del grave pericolo che tale interpretazione poteva causare, consigliava i suoi scritti ai soli lettori più preparati ed esercitati. Il suo lavoro più importante in campo apologetico è stato il trattato “Contra Celsum”, una pungente risposta all’opera polemica anticristiana “Discorso vero” dell’omonimo filosofo greco, tesa a dimostrare anche l’esistenza di altre divinità vassalle di Dio, ponendo il cristianesimo solo come rifiuto del giudaismo, derivando le sue dottrine da misere concezioni pagane, ripugnando l’assurdità dell’incarnazione e della resurrezione di Cristo, elevando il tutto a un grave delitto minante la stabilità e la civiltà dell’impero e incalzando vivacemente a una produttiva collaborazione per il bene comune. Grande importanza per l’evoluzione del pensiero cristiano, hanno rivestito le sue sintesi dottrinali (De principiis), giunteci nella stesura originale solo in alcuni frammenti. Portato alla ricerca e stimolato allo svisceramento della dottrina, sviluppò numerose “ipotesi” sui principali temi dottrinali quali, a esempio, la Trinità. Per lui, solo il Padre, proprio perché ingenerato, è pienamente Dio in senso puro, laddove il Figlio, mediatore tra il padre e la creazione, essendo generato dalla sostanza del Padre, diviene un Dio dipendente, sovrano sugli esseri razionali ai quali rivela il Padre attraverso la razionalità e il libero arbitrio proprio perché partecipi del Logos divino, mentre lo Spirito Santo trae la sua origine dal Verbo estendendo la sua influenza e le sue interazioni solo sui santi. Il Cristo Gesù, che al corpo reale coniuga il Logos, pur rimanendone distinto, diviene il Salvatore. A morire è l’uomo Gesù, nel corpo e nell’anima concepita come preesistente al corpo per volontà di Dio. La redenzione procede quindi solo dal Verbo ed è per ogni creatura. La conoscenza data dal Logos rivela Dio nella Scrittura, fornendo comprensione ed educazione, realizzando la vera gnosi che fa scoprire il valore educativo delle sofferenze e del dolore. Per la soteriologia (teoria della salvezza) di Origene non v’è eternità di pena, neppure per il Diavolo, vedendo in funzione del ristabilimento iniziale (apocatastasi), un continuo processo di redenzione, confessando però il suo imbarazzo nello spiegare la resurrezione della carne. Anche le fiamme dell’inferno sono per lui incorporee e non eterne. Questa sua spasmodica spinta all’interpretazione allegorica lo porterà ad avversare il millenarismo trovando specie in Metodio, vescovo di Olimpo in Cilicia, un formidabile avversario al suo spiritualismo.

Lo sapevate che … ?

* Pescando a piene mani dalla retorica classica greca, su cui si era formato, Origene così descriveva l’approccio usato da Dio per rivolgersi all’umanità: “…Dio accetta di scendere al nostro livello, adattandosi alla nostra debolezza, come un maestro che parla la “lingua dei piccoli” ai suoi allievi, o come un padre che si prende cura dei suoi bambini e adotta i loro mezzi di comunicazione”. (Da - Teologia cristiana: Il principio dell’adattamento - A. MG.)

* Parlando della necessità e della motivazione della redenzione, egli, con piena convinzione, sosteneva che: “La morte di Cristo era un riscatto, questo doveva essere pagato a qualcuno. Ma a chi? Non poteva essere stato pagato a Dio, in quanto Dio non teneva in prigionia i peccatori da riscattare. Quindi doveva essere pagato al Diavolo”. (ibid – La croce come vittoria )

* Origene, nella sua concezione dell’immensa bontà di Dio, espletata nell’idea della salvezza universale, così sosteneva nel suo libro De principiis: “… Tutti saranno restituiti alla loro condizione di beatitudine … affinché il genere umano … possa essere restituito a quella unità promessa dal Signore Gesù Cristo”. (ibid – Universalismo)

 
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